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IL MUSEO NAZIONALE DELL'ALTA VALLE DELL'AGRI

La sconfitta di Kronos

Visto da poche centinaia di metri, dalla strada che giunge nel cuore del parco archeologico, il Museo nazionale dell'Alta Valle dell'Agri rievoca immagini davvero suggestive, dense di connotazioni simboliche variegate e complesse.
Lo sguardo sembra imbattersi in un qualcosa di indefinito, ambiguo, di difficile lettura, che maschera l'identità: una sorta di "astronave" che dalla volta celeste si incunea nel suolo nel tentativo di proseguire il viaggio verso i
segreti delle profondità telluriche. Una astronave del tutto speciale che, nel tentativo di penetrare nella Terra, resta intrappolata alla superficie, in bilico tra il suolo ed il sottosuolo, diviso tra ombre e luci, conteso dal presente e dal passato.
La visione dell'astronave incagliata nel terreno, ad esso strettamente vincolata, allude non solo all'attività di campo condotta dagli archeologi per individuare e decifrare le tracce che il passato ha lasciato di sé; soprattutto, rimanda alla tenacia con cui il presente tenta di penetrare nei misteri del passato; alla forza con cui sfida la perentorietà del tempo; alla perseveranza con cui cerca di strappare al silenzio delle tenebre frammenti spenti di realtà, nel tentativo di riportarli alla luce.
Ciò che è sprofondato nelle voragini del tempo, inghiottito dai millenni, inumato nei cumuli della storia, viene recuperato dal presente.
La visi one esterna del museo accenna ai contenuti della ricerca archeologica, anticipa alcune importanti implicazioni condensandole nella formula del "viaggio spazio/temporale", che ben sintetizza la dimensione scientifica e quella emotiva, tipica dell'esperienza archeologica.
Il museo archeologico travalica i millenni, dissolve il divenire, annulla il continuum temporale, traspone nello stesso punto ciò che il tempo ha dilatato: Kronos sembra essere sconfitto.
Sfiorando alcune tematiche della ricerca archeologica, l'esterno del museo funge da preludio alla visita, introduce il visitatore in una dimensione atemporale che nel corso della visita riceverà una ulteriore e significativa testimonianza.

Un "microcosmo" spazio-temporale dell'Alta Valle dell'Agri.

L'idea dell'esperienza archeologica quale viaggio spazio/temporale riceve una solida materializzazione mediante la strutturazione interna del museo che conferma la visione prospettica ed enfatizza l'impatto primordiale. Il percorso espositivo tracciato all'interno del museo segna un itinerario che esemplifica in maniera
piuttosto efficace il cosiddetto "viaggio archeologico", ai limiti del tempo.
La visita si snoda attraverso tre sale espositive dislocate su tre livelli, a ciascuno dei quali spetta il compito di fornire una determinata connotazione temporale.
Il viaggio nello spazio espositivo assume il significato di un viaggio nella storia e nella preistoria. Pochi metri percorsi tra le vetrine e i pannelli esplicativi consentono di coprire lunghi millenni, di cancellare il vuoto che separa il presente dal passato, di presenziare ciò che sembrava irrimediabilmente perduto.
Il viaggio nello spazio espositivo, inoltre, assume il significato di un viaggio nella Valle dell'Agri, di una visita itinerante che approda negli scavi realizzati negli undici comuni ( Marsico Nuovo, Paterno, Marsicovetere, Tramutola, Viggiano, Grumento Nova, Montemurro, Sarconi, Moliterno, Spinoso, Castelsaraceno) racchiusi nella delimitazione "archeologica" della valle, diversa da quella amministrativa.
L'itinerario museale racconta il succedersi delle età e l'avvicendarsi delle civiltà attraverso un linguaggio polisemico, scandito da vetrine espositive e da pannelli esplicativi, che costituiscono un "micro-cosmo" spazio/temporale in cui sono trasposti gli aspetti significativi della valle intera, della sua storia e del suo territorio.
La prima sala espositiva proietta il visitatore in una dimensione del tutto speciale, in cui il tempo passato ed il tempo futuro sembrano un tutt'uno, riattualizzato il primo, anticipato il secondo.
Una grande immagine della Basilicata realizzata dal satellite Landsat 5 apre il percorso espositivo, introducendo
il visitatore in una dimensione futuristica che precorre i tempi, mentre dalla parte opposta, in fondo alla sala, in una vetrina sono ben visibili i segni di una storia che riconduce al Pleistocene, a circa 100.000 anni addietro, quando sulle sponde del lago che costituiva la Valle dell'Agri regnava il grande Elephas Antiquus, di cui restano frammenti di arti, molari e zanne, presumibilmente rinvenuti in località San Giuliano di Grumento Nova.
Tra i due estremi spazio-temporali, altri segni del tempo, altri segni della preistoria risalenti ad un periodo compreso tra il XVI e l'XI sec. a.C..
Una vetrina espositiva è interamente dedicata ai reperti risalenti a questo periodo, rinvenuti nel territorio di Paterno. Sono frammenti di ceramiche decorate "a puntinato", "a cordoni", resti di ciotole e di grandi contenitori. Dello stesso periodo, i resti di un altro "insediamento appenninico", quello di località S. Angelo, presso Moliterno, che ha dato alla luce resti di macina, di bollitoio e frammenti di olla decorata con motivi a "spirale" e "a puntinato".
La prima sala testimonia il limite estremo del tempo documentato in Val d'Agri: racconta l'età preistorica congiungendo attraverso un percorso di alcuni metri il Pleistocene al Paleolitico.
Posta su un livello più alto, raggiungibile attraverso un corridoio in leggera pendenza che simboleggia la diversificazione epocale, la seconda sala espositiva ospita i reperti che testimoniano del passaggio dall'età arcaica all'età ellenistica.
La prima vetrina è relativa all'Età del Ferro: vi sono reperti rinvenuti in località "S. Donato" di Marsico Nuovo, provenienti dal Museo provinciale di Potenza. Armille, anelli, orecchini in bronzo. Attrezzi in ferro e bacili in bronzo di produzione etrusca.
Le vetrine successive sono relative al passaggio al periodo ellenistico, documentato attraverso le necropoli poste nel territorio di Montemurro, in località "Fossa Concetta" e "Vracalicchio". Ceramica a vernice nera, candelabro, spiedi, coltelli, cinturone, bacile, grattugia in bronzo; fibule in argento; vasellame con figure rosse.
Allo stesso periodo appartengono i resti relativi ad un culto pagano, la Mefite Lucana, venuti alla luce nel corso dei lavori relativi alla edificazione del museo.
Con la vetrina dedicata alla dea indigena si lascia la seconda sala ed attraverso un percorso a ritroso, ci si avvia verso la terza, dedicata alla età romana.
Come si arriva a questa sala? Attraverso una scala che interrompe l'ascesa e che conduce in un piano seminterrato che accorcia ulteriormente il tempo. Siamo nel III sec. a.C., nell'età della colonizzazione romana, nell'età della nascita della città di Grumentum.
L'ingresso nella terza sala, posta in basso, ripropone per certi versi l'emozione della ricerca archeologica. L'itinerario museale sembra voglia fornire, attraverso questa sala, una esemplificazione della scoperta: scendere gli scalini che portano alla città di Grumentum, equivale a penetrare nel sottosuolo, a vivere in diretta, da protagonista, l'esperienza del ritrovamento.
Due enormi vetrate illuminano la sala e consentono alla luce di penetrare nel sottosuolo: è la luce degli archeologi , la luce del presente che si insinua nei misteri della città, nei misteri dei suoi abitanti e della vita che svolgevano.
Sono gli occhi degli archeologi impegnati a scovare tra le viuzze della città, nelle abitazioni e nelle ville, nel teatro e nell'anfiteatro, nei templi e nelle necropoli le persone affaccendate nelle attività quotidiane, domestiche e pubbliche, di carattere civile o religioso.
L'allestimento realizzato nella terza sala fornisce uno spaccato della vita che si svolgeva nella città dalla sua fondazione fino all'Alto Medioevo.
Giunti nella sala ci si imbatte nella testa della Statua di Livia, di età Giulio-Claudia, nel suo volto e nel suo sguardo fissato un tempo sul Foro. Mentre quattro vetrine dedicate rispettivamente ai Culti Imperiali, alla Casa
dei Mosaici, alla Produzione ed ai Commerci, ed alle Necropoli, disegnano una croce decussata collocata al centro della sala, imponenti stele funebri fanno da corona a vetrine e pannelli che narrano altre vicende della città, mentre una statua di S. Laviero conduce il visitatore all'uscita.
Si riconquista il presente vincendo la pendenza che conduce all'aperto, laddove la luce del giorno risplende libera, trionfante e maestosa.

Dall'idea alla realtà progettuale ed operativa

L'istituzione della Soprintendenza Archeologica della Basilicata prima e il progetto di un piano museale regionale dopo, danno consistenza all'idea di creare un polo espositivo che ricopra il settore Sud-Occidentale dell'attuale territorio lucano.
Il Ministero per i Beni Culturali, la Regione Basilicata, i l Comune di Grumento Nova, ne pongono i presupposti per la "concretizzazione".
"La collaborazione tra Enti - ha affermato il dott. Angelo Bottini , già Soprintendente ai beni archeologici della Basilicata - è lo strumento preferenziale perché si attuino nel modo migliore gli obiettivi di tutela e fruizione".
L'ex Cassa per il Mezzogiorno delibera un primo finanziamento, il Comune di Grumento Nova viene individuato come Ente attuatore, la Soprintendenza Archeologica come Ente destinatario. L'area prescelta per la sede del "Museo archeologico dell'Alta Val d'Agri" veniva individuata a valle dell'abitato di Grumento Nova, in prossimità dell'area archeologica che testimonia l'esistenza di una antica città romana, "Grumentum".
Il progetto viene affidato agli architetti C. Suri e R. Proietti . La superficie d'intervento copre un'estensione complessiva di 18.000 mq. in gran parte delimitati da querceti secolari. Ci si avvia verso la proposta progettuale: "La proposta progettuale trae la propria origine formale dalla volontà di inquadrare il nuovo episodio architettonico in un contesto ambientale che, per sua natura, impone un equilibrato rispetto. L'assetto
collinare della zona circostante l'area di intervento, caratterizzata da numerose emergenze naturali, nonché la movimentata morfologia dei terreni prossimi all'area prescelta ed i condizionamenti imposti dalla necessità di rispettare talune preesistenze storiche insistenti sull'area medesima, hanno suggerito l'adozione di una linea progettuale in grado di coniugare, tramite l'utilizzo di una forma geometrica pura, gli stimoli ed i suggerimenti
dettati dal contesto ambientale esistente. Una forma che dunque è risultata definita soprattutto dalla volontà di coniugare con l'ambiente, rifuggendo tuttavia da falsi mimetismi e da rinunciatarie ipotesi di occultamento.
Dal rispetto di tali presupposti è derivato un organismo architettonico schematicamente imperniato su un corpo centrale, a forma di quarto tronco di piramide che raccoglie spazi tecnico-scientifici e funzioni collettive".
I fondi stanziati sono appena sufficienti per realizzare un primo lotto del progetto, il corpo centrale, (il secondo lotto non sarà mai finanziato).
Nel 1982 iniziano le indagini e i saggi portano alla luce una presenza ancora più antica della necropoli romana, una stipe votiva dedicata ad una divinità femminile che si identifica con la Mefite Lucana. Tutto viene rilevato e documentato, si provvede al restauro dei reperti, numerosissimi (quelli più significativi sono attualmente esposti nella sezione pre-romana) e l'esplorazione continua.
Nel 1985 si dà inizio ai lavori edili, l'immobile viene completato nella primavera del 1988 e nel corso dello stesso anno si predispone la consegna provvisoria da parte del Comune di Grumento Nova alla Soprintendenza
Archeologica della Basilicata. La consegna avviene in pendenza del collaudo finale dell'opera, per favorire la sistemazione del personale in servizio a Grumento, alloggiato in locali presi in locazione, per altro carenti di laboratori, depositi e altro.
Con il passare degli anni i problemi gestionali di questa struttura diventano sempre più complessi: la Soprintendenza non è destinataria ufficiale per cui, in assenza del collaudo definitivo non può effettuare interventi di manutenzione straordinaria, la normativa di sicurezza in continua evoluzione rende peraltro necessario l'adeguamento dell'impiantistica, l'iter procedurale per la "consegna definitiva" dell'immobile segue con estrema lentezza. La Cassa per il Mezzogiorno, poi Agen-sud ha trasferito nel frattempo la sua competenza al Provveditorato alle Opere Pubbliche.
Si avverte sempre più l'esigenza di una struttura espositiva che racconti la storia della Val d'Agri, tirando fuori dai depositi, dove hanno a lungo riposato, i preziosi reperti storici. D'altra parte l'edificio rischia di essere annoverato fra le "cattedrali nel deserto".
Nessuna speranza per la realizzazione del II° lotto che prevede comunque il completamento del primo. Si accarezza quindi l'idea di adattare gli ambienti a disposizione per ricavarne degli spazi espositivi.
Con l'intervento del Prefetto di Potenza, che sensibile alle sollecitazioni dell'opinione pubblica svolge in prima persona opera di coordinamento e di indirizzo fra i vari Enti, si affrontano le difficoltà burocratiche ed amministrative.
L'arrivo di finanziamenti di diversa origine (statale e regionale) consente inoltre di avviare gli interventi per l'adeguamento della struttura, con particolare riguardo all'impiantistica. Si recuperano gli spazi espositivi al piano d'ingresso, nei locali sottostanti la biblioteca per ospitare la "sezione pre-romana" e si sacrifica la sala conferenze per la sezione "romana"; in adiacenza uno spazio utilizzato quale saletta didattica (in corso di
allestimento).
Il 16 Dicembre 1995 l'inaugurazione. Il "Museo nazionale dell'Alta Val d'Agri" apre le porte a tutti quegli appassionati del mondo antico che avevano solo potuto immaginare quali testimonianze archeologiche custodisse la storia di questa Valle.
Nonostante l'apertura, ancora tante cose da completare, da curare l'editoria e la didattica; da organizzare i servizi aggiuntivi (ristoro, guardaroba, ecc.) ed una cosa importante: istituire la tassa d'ingresso.
Ormai la macchina è partita, gli stimoli socio-culturali avranno i loro effetti, la ricerca il suo corso, la Val d'Agri la sua storia!

Aspetti tecnici

Il corpo di fabbrica realizzato, corrispondente al corpo centrale del progetto generale, denominato corpo "A", è caratterizzato da un involucro architettonico a forma di quarto tronco di piramide con copertura a falde e terrazzi, rivestito interamente in klinker.
In prossimità della coppia di travi che rimarca la linea di giunzione delle falde inclinate, sono due grandi vetrate triangolari che illuminano la sala espositiva principale (ex sala conferenze).
Negli spazi espositivi le pavimentazioni sono interamente realizzate in gomma (materiale antincendio) mentre per gli ambienti tecnici per il restauro, manutenzione e catalogazione dei reperti archeologici e negli uffici è stato adoperato il klinker colorato.
L'impianto di energizzazione è stato settorializzato con quadri di zona, che ne consentono una massima autonomia ed elasticità di gestione, e corredato da un gruppo di continuità che garantisce il servizio di sicurezza.
L'impianto di climatizzazione è del tipo a Fan-Coil.
L'intero complesso museografico è protetto da un sistema di allarme a microonde.
La protezione degli incendi viene assicurata da un sistema di allarme antifumo, da idranti, ed estintori di piano, nonché da uscite di sicurezza disposte a tutti i livelli.
Nel rispetto della normativa vigente, sono stati inoltre realizzati servizi ed accorgimenti tendenti all'eliminazione delle "barriere architettoniche".
All'interno della recinzione è stata ricavata un'area di parcheggio per posti macchina e per bus turistici.
L'illuminazione esterna è in corso di realizzazione.
Della superficie totale, (circa 1300 mq.), il 40% è occupato dalla esposizione; circa il 35% da laboratori e depositi; il rimanente da uffici , biblioteca, archivi, sala didattica e locali per servizi accessori.
Più di 600 reperti: 492 pezzi, per la maggior parte ceramici, sono collocati in 10 vetrine rettangolari ed una quadrupla a stella, in lamiera pressopiegata a cristalli temperati; un'altra vetrina rettangolare per le 132 monete e una pedana in laminato bianco su griglia metallica per l'esposizione di 12 epigrafi; 1 piedistallo sempre in laminato bianco per la testa di Livia ed una base di supporto per il plastico del teatro romano; 34 pannelli didascalici distribuiti lungo il percorso di visita puntualizzano le tappe dell'itinerario didattico.
Un box biglietteria con bancone blindato e un bancone ricevitoria con basamento in materiale acrilico trasparente integrano l'allestimento al piano d'ingresso.
Come gi à accennato, presso il museo si svolgono, oltre a quella espositiva, anche funzioni tecniche ed amministrative, per cui il personale in servizio ricopre qualifiche varie: 1 architetto, 1 restauratore, 1 geometra, 1 disegnatore, 1 collaboratore e 3 operatori amministrativi, 1 collaboratore bibliotecario, 1 fotografo, 3 assistenti, 2 operai, 4 addetti ai servizi di anticamera, 14 addetti ai servizi di vigilanza.
Un organico sufficientemente omogeneo per il buon funzionamento di una struttura espositiva, affiancata dall'ufficio tecnico-amministrativo.


tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie,1996

Autore: Enzo Vinicio Alliegro - Ulrica Petracca

 

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